Senza protesi dopo la mastectomia

Going flat è il movimento nato negli Stati Uniti composto da donne che non hanno voluto la protesi dopo l’intervento di mastectomia radicale, vale a dire, di asportazione del seno. Le ragioni sono molte, come raccontano loro stesse. Di sicuro, il rifiuto di altri interventi chirurgici necessari per la ricostruzione. Chi non attraversa il dramma del cancro al seno, infatti, non può rendersi conto della sofferenza necessaria prima di arrivare all’inserimento delle protesi: interventi, alto rischio di infezioni, drenaggi. Mesi (a volte anni) di visite e controlli prima di avere un nuovo seno. La decisione di queste pazienti potrebbe diventare quella di molte altre, anche in Italia. Da noi è scontato che dopo un tumore al seno si passi attraverso la ricostruzione. Ma quante donne sono davvero a conoscenza di ciò che comporta questa serie di interventi e cosa avviene dopo un’operazione come la mastectomia?

La scelta di non mettere le protesi

La possibilità di non mettere le protesi esiste ed è contemplata dai medici, anche se poco consigliata. La mastectomia senza ricostruzione è una scelta inconsueta, certo, che però deve essere accettata senza stigmatizzazione. L’importante è sempre la serenità della donna. Alcune pazienti, infatti, raccontano che se avessero saputo le controindicazioni del post mastectomia, e se potessero tornare indietro, rivedrebbero la loro decisione.

Perché il movimento Going flat nasce in America

Alcune delle fondatrici del movimento americano sottolineano che talvolta è una scelta dettata da questioni economiche. Negli Stati Uniti l’assistenza sanitaria è coperta dalle assicurazioni, diverse a seconda della persona: chi paga di più, ha sicuramente un trattamento di qualità maggiore. Quindi, non tutte le donne possono permettersi la ricostruzione. Da noi la situazione è per fortuna diversa e la protesi mammaria in caso di mastectomia radicale per tumore, è “passata” dal Servizio Sanitario Nazionale. L’obiettivo dei medici resta comunque quello di garantire la migliore ricostruzione possibile. Pertanto, alle pazienti vengono sempre spiegati i pro e i contro delle varie opzioni, per permettere loro di fare la scelta in tranquillità.

Perché i medici italiani consigliano le protesi

Optare o meno per la protesi è una decisione che dipende anche dal tipo di seno e dal rapporto con la propria femminilità. L’assenza di una delle due mammelle, se la taglia è importante, può provocare sbilanciamenti nella postura e dolori alla schiena e alle spalle. A questo si può aggiungere l’impatto psicologico dato dalla mastectomia e il rischio di depressione. Proprio per arginare il trauma da mastectomia, si cerca di far uscire le pazienti dalla sala operatoria già con l’espansore leggermente gonfio.

Dopo l’intervento di mastectomia

A fine intervento viene inserito l’espansore, una sorte di protesi provvisoria in silicone collocata sotto il muscolo pettorale. La paziente tiene due tubicini per il drenaggio per qualche settimana e poi i medici a poco a poco (nel corso di 3 o 4 sedute a distanza di 10/15 giorni) gonfiano l’espansore iniettando la soluzione fisiologica. Tutto ciò è necessario affinché pelle e muscolo pettorale si allunghino per contenere la protesi definitiva. Ottenuto il volume desiderato si interrompe “il gonfiaggio” e si aspetta – normalmente dai 12 ai 18 mesi – prima di sostituire l’espansore con la protesi definitiva, anch’essa in silicone, che sarà più morbida e meno fastidiosa.

Tempi e difficoltà per l’inserimento della protesi

Dopo l’intervento di mastectomia, quindi, ci vuole tempo prima di tornare ad avere un seno simmetrico, cioè simile a quello non operato. In alcuni casi, poi, l’espansore può provocare infiammazioni, che ritardano l’inserimento della protesi. Oppure può essere necessario seguire anche cure specifiche, come la chemioterapia o la radioterapia. Un percorso che in genere ci si immagina lineare, ma che spesso invece è accompagnato da sofferenza e profondi conflitti interiori. Restare “flat”, però, è una decisione irreversibile perché la pelle viene tagliata.

Soluzioni alternative alla protesi e al flat

La protesi oggi non è più l’unica opzione. La ricerca ha fatto enormi passi avanti nell’ambito della chirurgia plastica. Una delle possibilità è la ricostruzione mediante lipofilling. Si tratta dell’iniezione di tessuto adiposo centrifugato della stessa paziente. Un’altra alternativa è la ricostruzione con il lembo DIEP, che consiste nell’uso di un’ellisse di grasso addominale, ed eventualmente di cute, prelevato sotto all’ombelico. Il vantaggio è che sono soluzioni permanenti, a differenza delle protesi che dopo 8-13 anni in genere vanno sostituite. In ogni caso, soprattutto negli interventi che necessitano di impianti con tessuto adiposo, è necessario sempre il consulto dell’oncologo perché il grasso contiene cellule staminali, quindi potrebbe non essere sempre indicato.

Fonte: donnamoderna.com

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