L’immunoterapia contro le forme aggressive di cancro al seno

L’immunoterapia, contro le forme aggressive di cancro al seno, rispetto alle classiche terapie come la chirurgia, la chemioterapia e la radioterapia, rappresenta un approccio relativamente recente nel trattamento dei tumori.

Mentre in altre neoplasie come il melanoma o il tumore al polmone risulta una realtà presente da alcuni anni, il suo utilizzo nella cura del tumore al seno è ancora all’esordio e limitato a specifici casi.

Uno dei motivi è la scarsa capacità del tumore al seno di stimolare la naturale risposta del sistema immunitario, ma si ritiene che nei prossimi anni possa diventare un’arma terapeutica sempre più disponibile nella pratica clinica.

Cos’è l’immunoterapia per le forme aggressive di cancro al seno

Il sistema immunitario non combatte solo le infezioni, ma ha un ruolo molto importante nell’individuare ed eliminare cellule potenzialmente dannose del nostro corpo prima che possano moltiplicarsi.

Le cellule tumorali, d’altra parte, possono sviluppare nel corso del tempo delle mutazioni che consentono di nascondersi e addirittura possono indurre alcune cellule del microambiente circostante a nutrirle e proteggerle, disattivando la risposta immunitaria nei loro confronti.

L’idea alla base dell’immunoterapia è quella di bloccare uno di questi meccanismi di disattivazione e mantenere sempre accesa la risposta difensiva permettendo un controllo della patologia neoplastica.

Trattamento del tumore al seno

Per i tumori in stadio precoce o intermedio, che non hanno oltrepassato i linfonodi adiacenti, il trattamento comprende quasi sempre la chirurgia per rimuovere la maggior quota possibile di massa tumorale.

A questo si associa una biopsia del linfonodo sentinella (il primo linfonodo che drena la regione dove si trova il tumore) fino a una dissezione completa dei linfonodi ascellari se vengono rilevate cellule metastatiche nel primo linfonodo.

Se il tumore è molto ampio si può arrivare alla rimozione, con successiva ricostruzione, della quasi totalità della mammella.

Talvolta, quando il tumore è troppo grande per la chirurgia conservativa, la chemioterapia viene somministrata prima dell’intervento chirurgico per ridurne le dimensioni e consentire una chirurgia conservativa.

Di solito dopo l’intervento chirurgico, si interviene con la radioterapia e la chemioterapia.

Se il tumore presenta i recettori degli estrogeni, è possibile somministrare una terapia ormonale che blocca la crescita cellulare.

Alle donne ancora in età fertile viene somministrato il tamoxifene, mentre per le donne in postmenopausa si preferisce un inibitore dell’aromatasi.

La terapia con anticorpo monoclonale anti-HER2 Trastuzumab può essere utilizzato per trattare i tumori positivi al recettore HER2/neu.

Trastuzumab può essere usato da solo, in associazione a farmaci chemioterapici e in associazione con terapia ormonale nelle persone con positività sia per i recettori degli estrogeni, sia per il recettore HER2.

Quando il cancro della mammella si è diffuso oltre i linfonodi raramente guarisce, ma la maggior parte delle donne che ne sono affette vive almeno due anni, alcune anche da 10 a 20 anni.

Il trattamento prolunga solo leggermente la sopravvivenza, ma allevia i sintomi e migliora la qualità della vita.

L’immunoterapia nel tumore al seno

I primi risultati positivi dell’immunoterapia, per quanto concerne il tumore al seno, riguarda un sottogruppo particolare di soggetti, che presentano una variante particolarmente aggressiva definita triplo negativo.

In questi tumori non vengono espressi né i recettori per estrogeni e progesterone, per i quali è possibile utilizzare la terapia ormonale, né il recettore HER-2, che risponde alla terapia con anticorpi monoclonali come Trastuzumab.

Nei soggetti con questa variante aggressiva, l’associazione di Atezolizumab con Nab-Paclitaxel (un chemioterapico) ha mostrato un aumento di sopravvivenza di 10 mesi rispetto alla sola chemioterapia con un notevole impatto sulla progressione libera da malattia, cioè il periodo di tempo in cui il paziente non ha peggioramenti della malattia dopo il trattamento.

L’immunoterapia rappresenta un’opzione concreta per le donne con un carcinoma mammario triplo negativo non trattabile con la chirurgia che presenta un’espressione di PD-L1 superiore all’1% e che non sono stati sottoposti precedentemente a chemioterapia per malattia metastatica.

Atezolizumab infatti agisce contro PD-L1, cioè contro il ligando 1 del recettore di morte cellulare programmata (PD), già utilizzato nel trattamento del tumore polmonare metastatico.

Questo farmaco si lega al recettore PD presente sulla superficie dei linfociti T, oppure direttamente al ligando PD-L1, stimolando il riconoscimento delle cellule tumorali da parte del sistema immunitario.

L’immunoterapia contro le forme aggressive di cancro al seno

Lo staff medico multidisciplinare di SenoClinic supporta le donne che devono sottoporsi all’immunoterapia per il tumore al seno, seguendole in tutto il percorso terapeutico, al fine di indirizzarle sempre alla scelta migliore, sia per la salute fisica che per il benessere personale.

AVVISO ALLE UTENTI
Le informazioni contenute in questa pagina sono solo a scopo informativo e non possono assolutamente sostituire il parere del medico. Ogni terapia è individuale e deve essere monitorata dal proprio specialista. Per risolvere i tuoi dubbi richiedi tranquillamente un consulto a SenoClinic.

Bibliografia

Henriques B, Mendes F, Martins D. Immunotherapy in Breast Cancer: When, How, and What Challenges? Biomedicines. 2021 Nov 14;9(11):1687. doi: 10.3390/biomedicines9111687. PMID: 34829916; PMCID: PMC8616011.

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